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Nuova regolamentazione zone protezione selvaggina

Con effetto al 1° settembre 2023 il Governo grigionese ha proceduto a una nuova delimitazione delle zone di protezione della selvaggina cantonali aumentandone leggermente il numero. Di conseguenza la distribuzione della selvaggina viene influenzata in modo che la regolazione principale degli effettivi di cervo, capriolo e camoscio possa anche in futuro avvenire durante la tradizionale caccia alta. Durante la caccia bassa, insieme ad altre misure, le zone di protezione stabilite garantiscono la sostenibilità della caccia.

La rete di zone di protezione della selvaggina è stata rielaborata in stretta collaborazione con i cacciatori, i rappresentanti dell'economia agricola e forestale nonché i comuni. Se vengono constatati sviluppi sfavorevoli, è possibile aprire in parte o per intero le zone di protezione della selvaggina. Ciò si rende necessario ad esempio se la selvaggina si dovesse concentrare nelle zone di protezione senza far ritorno nelle zone di caccia.
Nel quadro della nuova regolamentazione il numero di zone di protezione della selvaggina generali (zone con divieto di caccia assoluto) è calato da 230 a 229 rispetto all'ultimo rilevamento svolto nel 2018. Il numero di rifugi dalla caccia alta è passato da 22 a 30, mentre il numero di rifugi per marmotte è sceso da 22 a 20. L'unico rifugio per caprioli nel Cantone è stato mantenuto. Il numero di rifugi dalla caccia bassa è stato aumentato da 53 a 59, mentre quello dei rifugi per lepri è stato ridotto da 46 a 45. Il numero di rifugi per selvaggina da penna è diminuito da 21 a 20, mentre quello dei rifugi per selvaggina da penna acquatica è aumentato da 46 a 47.
Complessivamente il numero di zone di protezione della selvaggina cantonali è stato aumentato dalle attuali 441 a 451 unità che coprono una superficie totale di 746 chilometri quadrati. Con il Parco nazionale svizzero e le sei bandite federali di caccia, nel Cantone risulta una superficie complessiva di zone di protezione della selvaggina pari a 1121 chilometri quadrati. Le specie di ungulati rimarranno non cacciabili su 736 chilometri quadrati di habitat.

Componente fondamentale da oltre 30 anni
«Dal 1989 i rifugi per la selvaggina sono una componente fondamentale della pianificazione della caccia», ha spiegato Hannes Jenny, capo ad interim dell'Ufficio per la caccia e la pesca. Nonostante un forte aumento dei disturbi causati in estate dall'essere umano è stato possibile mantenere la selvaggina nell'habitat originario con strutture dell'età il più naturali possibile. A settembre è possibile raggiungere un numero di capi abbattuti costantemente elevato il quale regola, rispettivamente riduce, gli effettivi di selvaggina soltanto grazie alla rete di rifugi privi di disturbi che rende il comportamento della selvaggina più prevedibile.
Per il cervo nobile in primo piano vi è la distribuzione orizzontale. Per quanto riguarda il camoscio si tratta soprattutto di conservare le zone sopra il limite del bosco quale habitat estivo privo di disturbi. In particolare nelle zone situate sopra il limite del bosco con un forte turismo estivo è importante delimitare zone in cui la caccia è vietata. Questo è l'unico modo per evitare che la selvaggina venga spinta verso il bosco e per attenuare di conseguenza anche i problemi bosco-selvaggina.

Caccia bassa sostenibile
Al giorno d'oggi la caccia alle lepri, alle pernici e agli uccelli acquatici può essere mantenuta soltanto perché si fa tutto il possibile per tenere sotto controllo la pressione venatoria. Oltre all'uso limitato di veicoli a motore e ai contingenti per specie, i rifugi per la selvaggina assumono una funzione chiave. In tal modo viene garantita la sostenibilità della caccia bassa. Al contempo viene mantenuta un'importante incentivazione, ossia quella a impegnarsi a favore della protezione dell'habitat.

Redazione 150
Ufficio per la caccia e la pesca
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