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"Atteggiamento autorità locali inaccettabile"

Dopo la decisione dello Stato Maggiore (SM) Regione Moesa di non richiedere l'apertura di una "finestra di crisi" (che consentirebbe di estendere le misure adottate in Ticino anche al Moesano), le tre deputate in Gran Consiglio Nicoletta Noi-Togni, Silva Ponzio e Myriam Fasani-Horat si rivolgono direttamente alla presidente della Confederazione, Simonetta Sommaruga.

"Con la nostra richiesta di intervento – scrivono Nicoletta Noi-Togni, sindaca del Comune di San Vittore e deputata al Gran Consiglio del Canton Grigioni; Silva Ponzio, municipale del Comune di Roveredo e deputata supplente al Gran Consiglio del Canton Grigioni e Myriam Fasani-Horat, deputata supplente al Gran Consiglio del Canton Grigioni – ci rivolgiamo a Lei come Presidente della Confederazione, ma anche come donna, credendo di poter trovare in Lei  una particolare sensibilità nei confronti del dolore e della malattia. 

Come Lei ben sa la Svizzera Italiana sta attraversando un triste momento: le giornate, per la nostra gente, sono costellate da notizie di nuovi contagi, l’elenco delle morti continua ad aumentare, le nostre regioni sono sconvolte da un evento inaspettato e doloroso. La paura di un pericolo invisibile è presente nella quotidianità di ogni persona e solo il sapere che le istituzioni mettono in atto ogni misura preventiva per debellare il nemico nascosto, sa tranquillizzare.  Cosa questa che sta facendo da diverse settimane il Ticino.

Ora, la nostra regione di 8600 anime circa, non fa parte politicamente del Ticino ma dei Grigioni. Condivide con il Ticino lingua e cultura, è geograficamente immersa nel Ticino e la gente del Moesano accede al Ticino per scuole, economia, lavoro ed altro ancora ma anche per i servizi sanitari, segnatamente per l’assistenza ospedaliera dato che il Moesano non dispone di un suo ospedale. Trasportare i nostri ammalati a Coira o in altri ospedali del nostro cantone, significherebbe compiere un tragitto di diverse ore per giungere in nosocomi dove non si parla la nostra lingua. Cosa forse non grave quando la situazione non è drammatica ma impensabile in un contesto di malattia come quello rappresentato dal Coronavirus.

Ovvio quindi chiedere che tutte le misure di prevenzione da questa malattia vengano adottate al fine di evitare le situazioni sopra citate anche nel Moesano, dato che le persone che si ammalano in questa regione confluiscono negli ospedali ticinesi già al collasso. Con quale coscienza quindi non facciamo di tutto per evitare al Ticino un sovraccarico maggiore di ammalati perché nel Moesano non si mettono in atto le stesse misure anti contagio del Ticino? Per noi questo atteggiamento delle autorità locali (che non stanno peraltro rappresentando l’unanimità di opinioni dei politici regionali) e cantonali grigionesi, non è accettabile; privo dell’etica che in questo momento dovrebbe essere posta al centro del dibattito nonché della più elementare logica. Da settimane ci stiamo battendo per cambiare questo stato di cose.

Ebbene, cosa dovrebbe cambiare? Se sulla misura del restare a casa possiamo operare cercando di convincere (non sottovalutando che anche questo è difficile) le persone a farlo, per ciò che riguarda ditte e cantieri ci ritroviamo impotenti. E proprio in questo settore ci occorrerebbe la cosi detta “finestra di crisi” che il Governo federale concede qualora fossero rispettati certi parametri, misura che l’autorità ticinese giustamente ha già introdotto da settimane, ora anche con il consenso del Consiglio Federale. Partendo dal presupposto che c’è perfetta uguaglianza della situazione effettiva del Ticino con quella effettiva del Moesano, non capiremo mai perché le misure, nota bene in uno stato di necessità da pandemia, non debbano essere le stesse.  La finestra di crisi, peraltro, consentirebbe anche, laddove ci fossero necessità improrogabili da parte di talune ditte, di concludere lavori già iniziati. Ditte e cantieri chiusi significherebbe comunque meno traffico, meno spostamento di persone e di mezzi e perciò meno possibilità di contagio. Tutto sarebbe sotto controllo e nessuno potrebbe da un momento all'altro riaprire e non ci potrebbero essere abusi. La Polizia cantonale dei Grigioni ha scoperto, dopo la chiusura in Ticino, che ditte sono fuggite dal Ticino per installarsi nel Moesano. 

Per quanto concerne i parametri elencati dall’articolo 7e, dell’Ordinanza 2 sui provvedimenti per combattere il Coronavirus del 13 marzo 2020, che il Consiglio Federale pone  come condizione per l’accesso di una regione alla “finestra di crisi” per l’economia, noi crediamo in buona fede che questi siano dati. In riferimento a quanto sopra descritto riteniamo che la condizione a) sia data in quanto i pazienti del Moesano potrebbero trovarsi nella situazione di non poter più essere accolti dalle strutture ospedaliere ticinesi perché sovraccariche.  Come del resto sono date le condizioni sia della lettera b) che permette la chiusura quando è altamente probabile che non vengano rispettate le misure di protezione dei dipendenti e quelle della lettera e), quando cioè il funzionamento è compromesso dalla mancanza di mano d’opera. Cosa che si è verificata; in tal caso la finestra  di crisi in questione avrebbe aiutato la ditta indennizzandola.

Non dimentichiamo poi che la stessa Costituzione Federale nel capitolo dei diritti fondamentali parla del diritto all’integrità fisica e psichica e prevede all’articolo 118 la protezione dalle malattie trasmissibili.

Con questo le chiediamo, stimata Consigliera Federale, in virtù dell’autorità  conferita al Consiglio Federale in caso di emergenza pandemica, di intervenire in favore della nostra popolazione del Moesano e anche del Ticino, in quanto anch’esso ulteriormente messo in difficoltà dalla situazione sanitaria del Moesano". 

 

 

Redazione 150
Comunicato stampa
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