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Foto d'archivio

Arriva la "tortrice del larice"

A quasi 40 anni dalla prima grande infestazione di larici in alta Engadina, quest'anno si registra nuovamente un pullulare di bruchi della "tortrice del larice". Il fenomeno interessa attualmente anche il Vallese.

"Non si tratta tuttavia di una catastrofe, ma di un'affascinante competizione ecologica", indica oggi in una nota l'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL) di Birmensdorf (ZH).

In estate i bruchi della tortrice grigia del larice (Zeiraphera griseana) si nutrono degli aghi dei larici (Larix decidua): le corone di queste conifere assumono allora una colorazione marrone-rossiccia e gli alberi hanno un aspetto malato.

Nelle alte valli delle Alpi centrali è possibile osservare di tanto in tanto in estate dei larici con le chiome bruno-rossastre. Ogni nove anni circa questa piccola farfalla si riproduce in modo esplosivo. Si parla allora di pullulazioni, che si manifestano essenzialmente nelle aree aree situate tra i 1700 e i 2000 metri sul livello del mare.

Al culmine dell'infestazione i bruchi possono defogliare completamente le foglie dei larici, che riescono tuttavia a ristabilirsi rapidamente. Dopo la schiusa dei bruchi - scrive il WSL - nel mese di agosto i larici germogliano nuovamente. Durante la stessa estate le loro corone ritornano verdi e riescono in parte a compensare le perdite subite. Meno dell'1% degli alberi muore.

La competizione tra il larice e la piccola falena è uno dei più rinomati esempi di variazione ciclica della popolazione di una specie animale, scrive ancora il WSL. La svolta arriva grazie ad altri piccoli insetti: l'enorme quantità di bruchi è infatti un paradiso per gli "icneumonidi parassitoidi", vespe parassite che con le loro uova attaccano i bruchi. Nei 2-3 anni successivi a un'infestazione, i larici producono aghi più corti e una quota sempre maggiore di uova e bruchi viene attaccata dalle vespe parassite.

Negli anni di pullulazione i larici crescono meno. Ciò può essere verificato misurando la larghezza degli anelli annuali del tronco. Gli scienziati sono così riusciti a seguire le migrazioni cicliche delle popolazioni di tortrici fino a 1200 anni fa. È emerso che negli ultimi tre cicli (1989, 1999, 2008) le quantità massime di bruchi sono rimaste nettamente inferiori ai valori precedenti. 

I motivi non sono chiari, ma i ricercatori sospettano che ciò sia da mettere in relazione con l'aumento delle temperature degli ultimi decenni. La sincronizzazione tra il germogliamento degli aghi e la schiusa dei bruchi in primavera potrebbe in tal modo risultare peggiorata, conclude il WSL.

Redazione 150
Keystone-ATS
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