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Una candela per le vittime di Rupperswil

15-03-2018

Nel mondo ci sono tante cose belle. Calde, brillanti, chiare. Sono la bontà, l’altruismo, l’amore, certe volte l’eroismo. Purtroppo ci sono anche quelle brutte, molto brutte. Di fronte ad una di queste ci troviamo ora; il processo che si aprirà il prossimo 13 marzo a Schafisheim (AG) vede un solo imputato alla sbarra, un uomo ancora giovane. Il delitto del quale deve rispondere è il più malvagio ed efferato che in Svizzera sia mai stato commesso. Le quattro vittime, innocenti, stavano vivendo un normalissimo lunedì mattina e non sapevano che tra poche ore sarebbe stata loro squarciata la gola. Ciò che è stato loro fatto non è neppure raccontabile e ciò che la madre deve aver vissuto nel tragitto tra la sua casa ed il bancomat, neppure immaginabile. «Si è comportata come avrebbe fatto ogni altra madre –  ha affermato la procuratrice alla ricostruzione dei fatti – ha cercato di proteggere i suoi figli». Sì, perché lei si sarebbe potuta salvare nel tragitto tra casa e bancomat. Eppure per lei è stato ovvio ritornare in quella casa ben sapendo probabilmente che sarebbe andata, con i suoi figli, incontro alla morte. Dopo questo terribile 23 dicembre 2015, la Svizzera è ammutolita, raggelata da tanta e tale perversità.

Ora il processo riaccende questo orrore ed insieme a questo la domanda su quale sarà la pena riservata al pluriomicida. I politici hanno già detto che non sarà ergastolo poiché la legge lo prevede solo a condizione che due perizie psichiatriche dichiarino il colpevole incurabile; gli psichiatri a loro volta dicono che per loro non è possibile stabilire definitivamente l’incurabilità di un soggetto; i giornali dicono che la giovane età (pur sempre 36 anni) parla contro la detenzione a vita poiché significherebbe la prigione per più di 40 anni, inoltre in vecchiaia la pericolosità vien meno (?). Come solito poi i difensori faranno la loro parte e, se anche il Tribunale di prima istanza condannerà, quasi certamente il Tribunale Federale «attenuerà» la pena. L’omicida è incensurato e non mi meraviglierei se fra qualche decina d’anni la sua pena venisse «archiviata». In questo modo però i giudici non archiviano il pericolo pubblico e soprattutto non il dolore delle vittime e delle loro famiglie; e non l’eroismo di una madre che vale ben una candela.

In concomitanza con l’emissione della sentenza sul processo per il delitto di Rupperswil del 21 dicembre 2015, invito ad esprimere il dolore per le vittime del più feroce e perverso delitto che la Svizzera abbia mai conosciuto e delle loro famiglie, accendendo la sera di venerdì, 16 marzo, (data della sentenza) alle ore 19.30, una candela sul davanzale della finestra. Significherà anche esprimere la speranza che il nostro Paese sappia essere giustamente severo, non da ultimo per proteggere la sua popolazione. 

 

Redazione 150
Nicoletta Noi-Togni
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