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Grigioni: modello integrazione professionale

Si chiama "Teillohnplus" ed è il nuovo modello per l'integrazione professionale dei rifugiati testato con successo nel Cantone dei Grigioni: una valutazione della Scuola universitaria professionale di scienze e arti applicate di Lucerna ha rilevato che oltre l'80% dei partecipanti ha trovato poi un impiego fisso o iniziato una formazione professionale.

L'integrazione nel mondo del lavoro dei rifugiati e delle persone ammesse temporaneamente, si legge in una nota dell'Università di Lucerna, rappresenta da sempre una grande sfida per la Svizzera: anche dopo cinque anni, queste persone hanno una probabilità tre volte inferiore rispetto alla popolazione autoctona di trovare lavoro. Questo è il motivo per cui la Confederazione e i Cantoni hanno concordato un programma comune di integrazione.

Un ruolo da pioniere nell'adozione di Teillohnplus è stato svolto dal Cantone dei Grigioni, dove il progetto è in marcia dal 2015. Come funziona? I partecipanti lavorano in un'azienda per un anno e mezzo ricevendo solo una parte dello stipendio, che viene integrata dall'assistenza sociale. Il salario aumenta gradualmente da 500 a 2500 franchi. I partecipanti hanno modo di acquisire esperienza e i datori di lavoro si impegnano affinché questi si qualifichino professionalmente.

Quattro su cinque integrati con successo

L'Università di Lucerna ha valutato i risultati del progetto pilota nei Grigioni tra il 2015 e il 2018: dopo aver completato il percorso, l'84% dei partecipanti ha trovato un impiego a tempo indeterminato (63%) o iniziato un apprendistato (21%). "Sebbene il numero relativamente basso di 57 partecipanti non consenta una valutazione definitiva, il tasso di successo è notevole", afferma il direttore del progetto Daniel Schaufelberger.

Rispetto ad altri programmi di integrazione lavorativa, il modello è anche relativamente economico: ricevendo i salari fin dall'inizio, i partecipanti sono meno  dipendenti dall'assistenza sociale e le casse pubbliche ne escono alleggerite. "Molti rifugiati vogliono guadagnare denaro il più rapidamente possibile - spiega Schaufelberger - mostrare loro che questo investimento è più utile che avere un posto di lavoro a bassa retribuzione è fondamentale per l'integrazione lavorativa sostenibile".

I partecipanti sono stati principalmente impiegati da PMI, per la maggior parte nel settore alberghiero e della ristorazione (40%), edilizia e metalcostruzioni (13%), assistenza sanitaria (11%) e altri settori come informatica o commercio al dettaglio (36%). Non mancano i controllori sul raggiungimento degli obiettivi professionali come sugli stipendi, in modo da ridurre un eventuale rischio di dumping salariale. Il modello, aggiunge la nota dell'università, è facilmente trasferibile ad altri cantoni.

Redazione 150
Keystone-ATS
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