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Riorganizzazione ostetricia: ragioniamo per favore

Nel momento della dolorosa e sofferta decisione di delegare i parti all’Ospedale dell’Engadina Alta a Samedan, il Consiglio di Fondazione del CSVP ha incaricato il sottoscritto, in qualità di Presidente del Comitato del Consiglio di Fondazione, di voler rispondere a domande o interviste al proposito. Presumo che l’abbia fatto non tanto per scaricare il ruolo di capro espiatorio su un medico in pensione, ma piuttosto per il mio impegno dimostrato durante tre decenni per questa causa.

Andrebbe infatti ricordato che a metà degli anni ottanta, vuoi per il manifesto disinteresse dei Comuni politici di valle nei confronti della sanità locale, vuoi per una certa disaffezione della popolazione per questo settore, l’attività ostetrica in valle si era quasi estinta. La maggior parte delle nascite, ed erano più di adesso, avvenivano “silenziosamente” presso l’Ospedale dell’Engadina Alta a Samedan (o per strada). Fu in quel contesto che le rev. Suore ed il Dott. Hasler decisero di tentare una ripartenza, cercando una nuova levatrice ed un quarto medico in valle.

Con l’arrivo dell’indimenticabile levatrice Alice Kaiser e con l’impegno di tutti, l’esodo delle partorienti ha potuto essere interrotto e per decenni la quasi totalità dei parti, fino a raggiungere la cinquantina all’anno, avveniva poi al San Sisto. 

È vero che allora, più di adesso, le risorse umane e finanziarie erano limitate, ma erano altri tempi. La levatrice Alice, il chirurgo e anche anestesista Dott. Hasler con l’infermiera anestesista Suor Maurizia e la strumentista Suor Marialuca, garantivano una presenza giorno e notte durante tutto l’anno. Impensabile oggi, ma le criticità non sono certo mancate.

Tante cose sono definitivamente cambiate, a cominciare dalla disponibilità, allora praticamente illimitata, di alcune persone; inoltre le direttive mediche e le leggi superiori sono sempre più severe, così come sempre maggiori sono le aspettative della popolazione. Purtroppo i cambiamenti e le necessarie continue ristrutturazioni non risultano sempre a favore dei servizi in periferia e ovviamente neppure sempre  rispondono  ai bisogni della popolazione locale. 

Questa inarrestabile evoluzione ha obbligato la Direzione ospedaliera e i collaboratori del CSVP a fare salti mortali per continuare a garantire, con la dovuta qualità e sicurezza, l’attività integrale in ostetricia. Da tempo era comunque chiaro a tutti i responsabili che, a medio termine, questo servizio, senza una riorganizzazione, sarebbe giunto al capolinea.                                                           

Gli eventi degli ultimi mesi, con una malattia imprevista e con la vana ricerca di anestesisti disposti ad assumere il ruolo garantito per diversi lustri, 365 giorni l’anno, 24 ore su 24, da due professionisti - il Dott. Civati di Tirano ed il Dott. Verdesca di Verona (che per due settimane al mese si sposta a Tirano onde essere reperibile per il S. Sisto entro 30 minuti) -  hanno accelerato la delega dei parti all’Ospedale dell’Engadina Alta. Forse serve ricordare che l’Ospedale San Sisto  non ha mai smesso di guardare avanti e prevedere e cercare soluzioni. Durante questi ultimi anni sono state intavolate trattative, inconcludenti, con quasi una decina di anestesisti. Inoltre, il continuo ricambio delle levatrici, si è rivelato un problema sempre più difficile da gestire. Oltre la metà dell’organico si licenzia ogni anno a causa dei pochi parti. Quattro levatrici (una sola della valle, poiché sono finiti anche i tempi in cui tre quarti delle levatrici erano del luogo)  si dividono un picchetto di 365 giorni l’anno, per un totale di parti che neppure arriva alla trentina. Ciò significa che per alcune di queste i parti seguiti in un anno sono ben pochi; sicuramente poco gratificante, ma anche demotivante e soprattutto non più garanzia di qualità. Oltretutto, se finora i medici generici erano autorizzati ad eseguire parti - premessa una formazione adeguata - oggi i nuovi medici di famiglia non possono più farlo: l’ostetricia è esclusivamente appannaggio di medici specialisti, vale a dire di ginecologhe/i. Penso sia  chiaro a tutti che la ricerca di almeno due ginecologhe/i  attive/i e residenti in valle (premessa indispensabile per coprire con picchetti l’intero anno) per un’attività disponibile di un massimo del 30%, sia assolutamente utopica. 

Parliamo ora del parto, questo momento topico per i genitori e importante per il futuro del nascituro. Oggi in ospedale - e chi in lettera aperta ci accusa di “irresponsabilità” dovrebbe saperlo (mi riferisco alla Signora Noi Togni, già levatrice) - un parto vien sì gestito dalla levatrice e dal medico (in futuro dal ginecologo), ma presuppone comunque la possibilità di passare rapidamente al taglio cesareo, nel caso di complicanze particolari. Il team per un taglio cesareo è composto dal ginecologo o chirurgo esperto, dal medico assistente, da un medico anestesista esperto nei cesarei (approccio spinale o narcosi particolare, affinché il nascituro non ne sia coinvolto), da un’infermiera anestesista, da un’infermiera strumentista, da un’infermiera aiuto sala e infine dalla levatrice… dunque da almeno sei professionisti. Questi devono quindi garantire un picchetto di reperibilità per entrare in azione entro 30 minuti; picchetto disponibile giorno e notte tutto l’anno e sempre allertato quando un travaglio inizia.

Certo, si può rinunciare alla sicurezza, oggi standard richiesto, si può partorire a domicilio, si può tutto, ma non chiedete al Centro sanitario Valposchiavo di assumerne la responsabilità.

Durante questo ultimo anno alcuni “indicatori” di sicurezza e qualità hanno obbligato i responsabili del CSVP a ridiscutere il servizio in questione e a cercare alternative. L’unica sostenibile si è rivelata quella appena comunicata e già iniziata: la delega dei parti all’Ospedale dell’Engadina Alta a Samedan, come già in uso in Bregaglia e Val Monastero. Presso l’Ospedale San Sisto sarà però garantita tutta l’attività ambulatoriale, vale a dire, oltre alla ginecologia, anche tutti i diversi controlli di gravidanza fino al parto; a Samedan si va solo per quest’ultimo.

Ora si possono criticare tempi e modi della comunicazione avvenuta, ma annunciare con uno o due anni d’anticipo la prevista ristrutturazione cosa avrebbe cambiato? Probabilmente ci sarebbe stato il tempo di elaborare l’emotività dentro la popolazione e di farsene una ragione, ma gli sforzi da parte del CSVP per trovare soluzioni sarebbero stati gli stessi.

Certo anche noi avremmo preferito poter procedere come previsto, affinando del tutto l’accordo di collaborazione e informando la popolazione con largo anticipo, ma gli eventi ci hanno imposto di affrettare i tempi. Sta di fatto però che tutte le partorienti sono state immediatamente e individualmente informate dalle nostre levatrici e il relativo incarto inviato al reparto di ostetricia dell’Ospedale dell’Engadina Alta. Sta di fatto pure che, nel reparto in questione, sette levatrici su otto parlano anche l’italiano, come pure cinque medici su sei e dieci infermiere su quindici!    È pure noto che ogni tanto, specialmente se la coppia la prende un po’ comoda o sottovaluta i tempi, si possa arrivare in ritardo in sala parto; per fortuna solitamente, e negli anni ne abbiamo avuti diversi anche qui in valle, questi travagli e parti rapidi non creano grossi problemi.

Ad ogni modo possiamo e vogliamo, se richiesto e necessario, gestire le urgenze in loco e qualora fosse il caso accompagnare la partoriente a Samedan. Non possiamo però solo appellarci alla buona sorte o spianare il passo del Bernina; osiamo però appellarci, in questi giorni, alla ragionevolezza di tutti, persone coinvolte e non, giornalisti e politici. Strumentalizzare la tematica per altri fini non giova certo alla causa. 

Chi conosce le vicissitudini del CSVP o ha avuto la pazienza di leggere questo mio sfogo avrà capito da dove deriva il problema, in questo particolare contesto ma anche in tanti altri del campo sanitario: dalla difficoltà nel reclutare personale qualificato! 

Da noi in periferia, questo grosso e crescente problema che concerne un po’ tutta la Svizzera, finora é stato mitigato dalla reperibilità di professionisti oltrefrontiera, ai quali va tutta la nostra riconoscenza. Per diversi motivi però questa opportunità sta pian piano venendo meno, fatto che potrebbe in futuro toccare anche altri servizi. Mi permetto dunque, da queste colonne, di rivolgere un appello a politici e giornalisti:  vogliate spendere almeno altrettanto fiato e inchiostro  anche per la nostra causa, quella di promuovere maggiormente formazione e attrattività di tutte le professioni sanitarie.

Per finire vorrei ringraziare, a nome di tutto il CSVP, chi in passato ci ha dato fiducia e chi vorrà farlo anche in futuro, anche a garanzia del mantenimento dei servizi esistenti. 

Grazie per la comprensione.

Dr. med. Emanuele Bontognali   

Redazione 150
Comunicato stampa
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