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Assolto l`uomo accusato di aver colpito una mucca

25-05-2023

È stato assolto il trentenne cacciatore valposchiavino, oggi residente a Pontresina, che era stato indagato per la morte di una mucca nel settembre 2020.

Nell’udienza pubblica, tenutasi davanti al Tribunale regionale Bernina il 6 marzo 2023 nella sala di Casa Torre, la corte ha assolto il cacciatore dall’accusa, rivoltagli dalla Procura pubblica de Grigioni, d’infrazione dell’art. 15 cpv. 1 e 2 in unione all’art. 47 cpv. 1 della Legge cantonale sulla caccia, nonché d’infrazione dell’art. 26 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 della Legge sulla protezione degli animali.

Secondo l’art. 15 cpv. 1 e 2 della Legge cantonale sulla caccia il cacciatore nell’esercizio della caccia si deve attenere ai principi venatori. In modo particolare prima di sparare egli deve accertarsi che la selvaggina sia cacciabile, la distanza di tiro e la posizione dell’animale siano conformi alle regole venatorie e sia escluso qualsiasi pericolo per le persone e la proprietà di terzi. Se la selvaggina non stramazza sul posto, si deve cercarla accuratamente. L’art. 26 cpv. 1 lett. b e cpv. 2 della Legge sulla protezione degli animali sanziona l’uccisione di animali con crudeltà o per celia.

La vicenda portata a processo si era verificata circa tre anni fa: sabato 5 settembre 2020 nei pascoli di Cavagliola (Valposchiavo) era stata ritrovata una mucca esanime e con un foro nel corpo. Stando all’atto d’accusa, il giorno precedente, venerdì 4 settembre, poco dopo le ore 17, il cacciatore valposchiavino aveva provato il suo fucile vicino al maggese di proprietà della famiglia per verificare le condizioni dell’arma e la taratura del cannocchiale, dal momento che la mattina egli era caduto lungo un sentiero e il fucile aveva preso una botta. Il cacciatore posizionò un bersaglio alla distanza di circa 100 m e sparò tre colpi andando a verificare per ogni tiro se era andato a bersaglio. Ritenuto che l’arma era ancora in buone condizioni, quella sera stessa tornò a praticare la caccia.

Ancora secondo l’atto d’accusa, il giorno seguente (5 settembre) il padre dell’imputato notò nel pascolo vicino al suo maggese una mucca morta e andò a chiamare il proprietario dell’animale. Di seguito l’imputato chiamò il guardiacaccia. La mucca era stata ritrovata senza vita a sinistra dell’area, dove l’imputato aveva provato il fucile, a una distanza di 212 m dal parapalle e a 327 m dalla postazione di tiro del cacciatore. Il veterinario cantonale indicò nell’autopsia del 7 settembre 2023 che il bovino aveva una ferita di 10-15 mm tra la costola e il bacino, un ematoma a 20 cm dalla ferita e la perforazione dell’intestino tenue. La perizia del veterinario riporta pure che non è stato trovato alcun proiettile, né sono stati trovati frammenti di esso.

Per quanto riguarda le infrazioni alla Legge sulla caccia imputate al cacciatore durante l’udienza, l’accusa ha esposto che il tiratore, contrariamente all’obbligo di diligenza e ai principi venatori, aveva esploso tre colpi contro un bersaglio di legno senza presenza di un parapalle sicuro e sufficiente, con mucche che pascolavano sullo sfondo e con un angolo d’incidenza basso accettando il rischio di causare il pericolo alle persone e a proprietà di terzi. La difesa ha invece sostenuto che l’imputato si è comportato in maniera eticamente corretta attenendosi ai principi venatori in una zona con un terreno adatto e sicuro a sparare tre colpi verso il bersaglio. Contrariamente a quanto espresso dall’accusa, la difesa fa notare che da quanto emerso dalle indagini e anche dalla dichiarazione del contadino il bestiame si trovava a 70° più a sinistra.

Per quanto concerne le imputazioni in merito alla Legge sulla protezione degli animali, l’accusa ha sostenuto che l’imputato abbia colpito accidentalmente una mucca che pascolava nelle vicinanze provocandole una morte agonizzante. La difesa ha invece fatto valere, con la lettura della perizia veterinaria, che non c’erano elementi probatori all’interno del cadavere, come proiettili o schegge, che avessero indicato una morte causata da un’arma da fuoco. La difesa ha attribuito la ferita ad altre cause.

La sentenza della corte ha infine prosciolto l’imputato constatando: «A mente della Corte, alla luce delle constatazioni fattuali e delle dichiarazioni del veterinario, e contrariamente a quanto addotto dalla Procura, nel caso in esame esistono ragionevoli dubbi quanto al fatto che la morte del bovino sia ef­fettivamente stata causata da un proiettile. Ciò in particolare considerato che nel cadavere della mucca non è stato ritrovato alcun proiettile né frammento dello stesso - nonostante i notevoli mezzi impiegati a tal fine -, che il veterina­rio durante l’esame del cadavere non ha constatato alcun foro di uscita, dal quale un eventuale proiettile sarebbe potuto uscire, e che egli ha escluso che un eventuale proiettile possa essere stato rimosso dalla ferita presente nel ca­davere. Tali dubbi devono senz'altro beneficiare all'accusato in virtù della pre­sunzione di innocenza e del principio in dubio pro reo. A titolo abbondanziale, il Tribunale rileva che ad ogni modo, anche se si rite­nesse che la mucca fosse stata uccisa da un colpo di proiettile, non vi sarebbe­ro ancora elementi sufficienti per addebitare tale proiettile all'accusato, nono­stante il diametro della ferita esterna constatata sul cadavere dell'animale sia teoricamente compatibile per dimensioni col diametro della munizione Kailet 10.3x60R usata dall'imputato per i tiri di aggiustamento». 

Dopo aver in un primo momento annunciato l’appello contro la sentenza, la Procura pubblica ha ritirato il ricorso. Si chiude quindi definitivamente il processo con l’assoluzione del cacciatore valposchiavino.

L’imputato si ritiene soddisfatto della sentenza e ringrazia la corte per aver fatto finalmente giustizia.

Redazione 150
Giovanni Ruatti
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